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Club Manager delle mie brame chi è il più bello o la più bella del reame?

In un vecchio articolo di 5 anni fa, Flavio Cabrini, formatore di grande esperienza, motivatore e team leader abituato a platee numerose, scriveva che tre caratteristiche identificano un manager che può effettivamente definirsi all’altezza della propria funzione, e sono:

1 – essere in grado di eseguire qualsiasi lavoro assegnato ai suoi diretti collaboratori meglio di quanto sappiano fare loro.

Ove questo non avvenga, il dirigente perde credibilità e si potrebbe trovare in grande difficoltà nella gestione.

2 – Deve sapere intrattenere eccellenti relazioni con i propri collaboratori ed aiutarli a comprendere

  1. a) quali sono i loro compiti,
  2. b) quali le modalità con cui vanno eseguiti,
  3. c) quali le connessioni e gli intrecci che il tipo di lavoro svolto produce,
  4. d) quali le mansioni affidate ai colleghi e ai vari settori dell’azienda o con l’esterno.
  5. L’aspetto più importante: deve saper ottenere, anche attraverso l’esercizio della delega, i migliori risultati possibili attraverso il lavoro dei propri collaboratori. Un manager è un po’ come l’allenatore di una squadra di calcio: schiera una formazione, stabilisce un modulo, predispone degli schemi, motiva i suoi atleti. Poi i goal in campo non va a segnarli lui, se c’è un buon gioco di squadra li segnano loro.

L’imperativo ferreo per la maggior parte delle persone che operano in un’azienda è “Fai il lavoro che c’è da fare”. Per un manager l’imperativo è un altro: “Fai sì che le persone facciano il lavoro che c’è da fare”.

Quando un manager “fa il lavoro”, accollandosi quote che spetterebbero ai suoi subordinati – col pretesto che sa cavarsela meglio di loro o sbrigarsela più rapidamente – innesca una serie di effetti negativi: alla lunga ne risentiranno produttività e fatturato e i collaboratori avvertiranno nei loro confronti una sensazione di sfiducia che finirà per accentuare il turnover (i più capaci cercheranno ambienti che sappiano valorizzarli e in cui possano godere di maggiore considerazione).

A sua volta, il manager sovraccaricandosi di lavoro rischierà di non prestare attenzione a certi dettagli e di commettere errori. E soprattutto perderà di vista le sue funzioni e le sue prerogative.

Le riflessioni del nostro esperto di turno ci invitano ad una osservazione che sorge spontanea e cioè che prima di determinare i propri compiti il manager e nel nostro caso il club o fit manager dovrà evitare l’errore che tutti ingenuamente compiono e cioè  quello di credere che non ci sia differenza tra un gruppo ed un team, infatti, spesso nei club capita di confondere un team di lavoro con un gruppo.

Le due parole sono l’evidente traduzione l’una per l’altra, dall’inglese all’italiano o viceversa. Ma non hanno lo stesso significato.

Il concetto di gruppo si sviluppa nell’ambito tecnico, oltre che in quello commerciale di addetti alla vendita. Un club ha un “team di lavoro” oppure un “gruppo” e la maggior parte delle palestre appartengono alla seconda categoria.

Infatti nella maggior parte dei casi gli istruttori lavorano in vari club senza condividere con gli altri colleghi i protocolli di cui individualmente si assumono le responsabilità dell’operato.

Un gruppo è un gruppo e diventa “team” quando tutti gli istruttori lavorano insieme nello stesso club per la conquista di obiettivi comuni, praticando gli stessi programmi dopo averli studiati e prima di distribuirli alla clientela.

Qualsiasi ricercatore ed esperto in materia non potrà che condividere la tesi che il team così formato ed orchestrato sarà più produttivo ed efficace di qualsiasi gruppo.

Un team è formato da diversi individui che necessitano di periodi di formazione  attraverso vari stadi. Non tutti gli individui riescono a raggiungere determinati risultati e di conseguenza non procedono al passo con gli altri colleghi, il club manager deve considerare queste eccezioni che spesso sono penalizzanti per la costituzione di team efficienti e per il benessere del club

A proposito, secondo Bruce Wayne Tuckman, professore di psicologia dell’educazione presso la Ohio State University e studioso delle dinamiche di gruppo, lo sviluppo del team passa attraverso quattro stadi principali distinti e sovrapposti.

In seguito ne propose un quinto che identifica  il processo di sviluppo del team:

  • Forming = periodo della formazione
  • Storming = periodo del conflitto (tempesta)
  • Norming = periodo normativo
  • Performing = periodo della prestazione
  • Adjourning = periodo dell’aggiornamento

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