Relazionarsi con gli stakeholder è inevitabile ma non è semplice

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Relazionarsi con gli stakekolder è inevitabile ma non è semplice, proprio per niente.

Durante i corsi ripetiamo spesso la frase “ sapersi relazionare con il prossimo e soprattutto con gli stakeholder e in assoluto con i clienti”.

Ma cosa vuol dire sapersi relazionare?

Ognuno di noi si è conquistato il diritto di relazionarsi con le persone come crede o come gli consiglia il cuore, o lo stomaco o lo stato d’animo del momento oppure l’atteggiamento dell’altro individuo, oppure il tempo, l’ambiente, gli odori, le espressioni, l’immagine, il tono di voce e bla bla bla….  Ma sbaglia!

Relazionarsi vuol dire capacità di socializzare, apertura mentale verso nuove esperienze, agire con scrupolosità e nel controllo delle proprie emozioni, in stabilità emotiva, empaticamente. Si è vero, ma!?

Certamente molto meglio di noi si saprà relazionare l’intelligenza artificiale in grado di incamerare e verificare una serie infinita di dati sull’individuo con il quale vogliamo socializzare, che consentiranno di toccare il vertice massimo della socializzazione in virtù della conoscenza che, grazie ai dati, si ha della persona.

Pensate che Facebook, il social network che in effetti è la banca dati più importante al mondo, è in grado di custodire i profili e tutte le informazioni di oltre 2 miliardi di persone, grazie al suo algoritmo News Feed (fonte Focus).

Se di una persona conosci interessi, amicizie, redditi, stato di salute, preferenze politiche, orientamenti sessuali, i suoi spostamenti, sei in possesso delle sue fotografie, puoi leggere i suoi sms, vedrai come sarà più semplice relazionarsi con lui o lei e soprattutto entrare nelle grazie, magari mandando giù qualche rospetto, se proprio dobbiamo assecondare i suoi gusti per motivi di business o di qualsiasi forma di interesse, professionale o privato.

E’ il caso di Cambridge Analytica, dove qualche fake news orientata dalla parte del committente, ha convinto la gente a votare la parte avversa.

Se sai che con il reddito di cittadinanza risolvi i problemi degli italiani che non hanno un lavoro e magari non hanno nessuna intenzione di cercarlo, ne di inventarselo,  è semplice convincerli che votando un partito anziché un altro, il loro problema sarà definitivamente risolto.

E’ così che il valore di un social network, come di un partito politico, di una piccola o grande azienda, è direttamente proporzionale al numero dei dati in suo possesso, perché proprio grazie a questi dati riesce a sviluppare una serie di proposte attinenti ai bisogni, alle necessità, alle esigenze, ai gusti, scartando a priori tutto quanto, già si sa, l’individuo non desidera, perché non lo ritiene interessante.

Come è possibile che in una società che urla questi concetti ormai dal 2004 e cioè oramai da 14 anni, concetti che poi risalgono agli anni ’50 e ’60, anche se non con la stessa enfasi ed euforia, si debba perdere tempo a convincere un imprenditore che dei propri ipotetici clienti deve possedere un dossier con profili dettagliati e sempre aggiornati, se le sue intenzioni sono quelle di vendergli il suo prodotto o servizio oppure soltanto di poter socializzare e creare una relazione fissa e costante?

Soltanto nel 2017 Facebook ha guadagnato 39,9 miliardi di dollari. In un articolo che ho pubblicato il 30 aprile dove Blogmeter analizza i comportamenti degli italiani sui social, risulta che un italiano su tre non riconosce un post pubblicitario da uno normale.

Che sia il caso di fare qualche corso di formazione per offrire un menu grazie al quale l’imprenditoria autoctona possa finalmente svoltare verso il futuro?

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