Economia. Il termine deriva dal greco oikonomia che potremmo tradurre in amministrazione della casa ma che nel tempo, come ci informano gli stessi manuali di economia, ha assunto il significato di disciplina che studia le modalità di gestione delle risorse o, in maniera più specifica la produzione e lo scambio di beni e servizi.
La produzione di beni e la fornitura di servizi è ovviamente un fatto ancestrale, molto più vicino ai nostri tempi risulta essere lo studio dell’economia, un percorso da far risalire al 1776 con la pubblicazione de’ ”La ricchezza delle nazioni” del pensatore, filosofo ed economista scozzese Adam Smith.
Più per giustificare le contorsioni che hanno più volte nella storia, soprattutto recente, identificato teorie diverse e giustificato errori ed omissioni, mi diverte definire l’economia come scienza triste, con riferimento allo storico scozzese Thomas Carlyle, che certamente la definì “scienza”, ma a suo dire “tediosa, sterile e a dire il vero piuttosto vile e penosa”.
Per finire al concetto di “scienza inutile”, un ossimoro, se volete, che si rivelerà bugiardo ma determinato dalla crisi del 2007, che rappresenta, parole dell’autore Francesco Saraceno:” una radicale sconfessione dell’idea che la conoscenza in economia proceda in maniera lineare e che possano esistere politiche ottimali e universali”. – “Il libro di Francesco Saraceno andrebbe letto da chiunque voglia comprendere il mondo che ci circonda ed il ruolo cruciale della macroeconomia nel determinare le politiche economiche” (Jean-Paul Fitoussi).
E’ giunta l’ora di affermare che la crisi che attanaglia il pianeta dal 2007 ai nostri giorni non è stata soltanto la crisi delle economie occidentali bensì è stata la crisi del pensiero economico che l’occidente non ha saputo prevedere e risolvere.
Per ripartire è indispensabile rimettere al centro dell’analisi la dignità della persona.
Oggi noi sappiamo che nessuna teoria economica è perfetta.
Oggi noi stiamo pagando l’assolutismo di economisti e politici che ci hanno condotto all’attuale sciagurata condizione ma non dobbiamo perdere l’equilibrio keynesiano che nel 1926 scriveva:”lo studio della storia del pensiero è premessa necessaria all’emancipazione della mente; non so cosa renderebbe più conservatore un uomo, se non conoscere null’altro che il presente, oppure null’altro che il passato”.