Come è finita la querelle, nel suo significato di confronto aspro di idee divergenti e non solo, tra Matteo Salvini all’epoca dei fatti, ministro degli interni della repubblica italiana e Carola Rackete, capitano della Sea-Watch, nave di proprietà di un’organizzazione tedesca di soccorso marittimo, arrestata nel giugno del 2019, per aver attraccato senza autorizzazione, nel porto italiano di Lampedusa?
La vicenda adesso è materia giuridica.
Carola Rackete ha denunciato il leader della lega, attualmente indagato per diffamazione, richiedendo il sequestro degli account social dell’ex ministro degli interni. Nell’occasione ricordo il commento dell’ex comunista padano Matteo Salvini: “Denunciato da una comunista tedesca, traghettatrice di immigrati, che ha speronato una motovedetta della Finanza: per me è una medaglia! Io non mollo, mai”.
Errori di gioventù, penseranno gli affezionatissimi follower del “cazzaro verde”, (titolo del libro scritto da Andrea Scanzi su l’ex direttore di radio padania), a proposito dei passati trascorsi nel centro sociale Leoncavallo di Milano:
“Chi non ha mai frequentato un centro sociale? Io sì, dai 16 ai 19 anni, mentre frequentavo il liceo, il mio ritrovo era il Leoncavallo. Là stavo bene, mi ritrovavo in quelle idee, in quei bisogni”.
A proposito di idee a confronto, possiamo immaginare l’intimo travaglio di un ragazzo appena maggiorenne che passa dalle idee comuniste leoncavalline, a quelle autonomiste o addirittura indipendentiste della lega padana di bossiniana memoria.
Ovviamente il travaglio genera confusione e si traduce in alcuni casi in uno squilibrio neuronale che affonda le sue radici in richieste di aiuto che nel tempo non hanno trovato conforto. Non sarà questo il nostro caso, ed altre possono essere le ragioni di un percorso che, dal comunismo integralista dei centri sociali, sfocia nel sovranismo populista del terzo millennio.
Ma torniamo alla vicenda che aggrava la posizione dell’eroe padano dato che a nessuno e, a maggior ragione ad un individuo che rappresenta le istituzioni, è permesso di dileggiare pubblicamente un altro individuo, senza dimenticare che, nel caso di “Carola”, interviene anche un aspetto di carattere sessista.
E senza dimenticare che, una carica pubblica, come quella importantissima di ministro degli interni, si avvale di un potere esorbitante rispetto alla controparte, e di un apparato comunicativo imponente e capace di scatenare ondate di odio e conseguente violenza gratuita.
E’ nel rispetto della verità a questo punto ricordare che in premessa la Gip di Agrigento, Alessandra Vella, che aveva il compito e dovere di valutare la legittimità dell’arresto di Carola Rackete, non solo non lo convalida, ma bensì rigetta la richiesta della procura stabilendo che la scelta di attracco nel porto di Lampedusa è stata legittima.
Ora per chi ricorda le esternazioni dell’allora ministro, dovrà convenire che i post pubblicati sui vari social avevano tutta l’aria di un attacco sferrato con minacce, anche poco velate, che hanno provocato la reazione compatta della famosa “bestia” e cioè delle seconde linee salviniane che entrano in funzione per aggredire perentoriamente l’obiettivo scelto e concordato con il capitano, il quale, con poco rispetto per il ruolo istituzionale rappresentato, dispensa epiteti e frasi come “pirata”, illegale”, “fuorilegge”, “protagonista di traffici delinquenziali” etc etc etc…
Il quadro diffamatoria si arricchisce quando le esternazioni social mirano alle organizzazioni non governative e più direttamente alla Sea Watch Onlus “Un’organizzazione illegale e fuorilegge”, che fa “sbarco di immigrati illegali da una nave illegale”, “nave pirata”, “nave fuorilegge” e che i suoi appartenenti sarebbero “complici di scafisti e trafficanti!”, “delinquenti, di questi sequestratori di esseri umani”.
Evidentemente qui si annuncia l’overture di un altro rito processuale e l’ex ministro degli interni del famigerato governo gialloverde, dovrà dimostrare la veridicità delle sue accuse, se non vorrà lavorare per il resto dei suoi giorni, per arricchire l’Ong tedesca e quelle di tutto il pianeta.
Ma attenzione perché la vicenda si attorciglia come un cappio sul collo dell’ex comunista padano quando, oltre alla diffamazione nei confronti di Carola Rackete, della Sea Watch Onlus, compare un’altra vittima nell’uragano diffamatorio della bestia salviniana, e cioè la stessa giudice Alessandra Vella costretta a chiudere il suo account facebook, per le migliaia di aggressioni ricevute da Morisi e Co. la famosa bestia, che interviene, a seconda dei casi, per aggredire chi si oppone alle sentenze del capitano, oppure per difendere con fake news le intenzioni dello stesso.
Il clima che le destre estreme hanno prodotto nel paese non fa altro che aggravare la situazione, mettendo a serio rischio le persone coinvolte nei fatti appena descritti: Carola Rackele in primis, ma la stessa giudice Alessandra Vella, che, a differenza della prima, configura uno scontro di carattere istituzionale, abbastanza ricorrente nel nostro paese, tra politica e magistratura.
Il seminatore di odio e di violenza che ad oggi è soltanto verbale, è comunque alla base di questo articolo, che non può fare a meno di sottolineare come le parole sono pietre, soprattutto quando vengono pronunciate da un individuo che riveste una carica istituzionale di primissimo piano come l’allora responsabile del ministero degli interni della repubblica: “fuorilegge”, “delinquente”, autrice di un atto “criminale”, responsabile di un tentato omicidio in quanto “provato ad ammazzare cinque militari italiani”, “complice dei trafficanti di esseri umani”, etc. etc. etc…..
Parole rivolta ad una donna che ha portato in salvo vite umane ed ha chiesto di dare loro conforto per le vicissitudini passate non solo in mare, ma anche nei campi di concentramento libici che ricordano, a coloro che hanno memoria, quelli nazisti.
Matteo Salvini, in collaborazione con la “bestia”, istiga all’odio per propaganda politica sulla pelle dei disperati e di coloro che tutti i giorni tentano di salvare delle vite umane, provocando gravissime ripercussioni ai loro danni, fomentando nel paese uno stato di tensione simile a quello dei tragici attentati della storia d’Italia.
Solo per comprendere le conseguenze virali della bestia salviniana, quello che segue è ciò che Salvini e i suoi complici hanno scatenato sulla rete:
“Asfaltatela” ; “Zoccola malefica” ; “Non si capisce se è un uomo o una donna, non è decorosa, sciattona, borderline della società, puzzolente, fa schifo” ; “Sedicente, presunta capitana” ; “Quella donna vacca, più che portarli in salvo se li scopava uno per uno” ; “Quella puttana tedesca” ; “Se una nasce vacca muore vacca” ; “Delinquente” ; “Dopo 14 giorni che ti prendi pisellate da 43 mao mao decidi di sbarcare per far raffreddare la fregna e gli sfinteri” ; “Le offro il mio domicilio. Prima la raso a zero, poi la lavo con un po’ di acido muriatico per vedere che effetto le fa… tanto lei è ricca, tedesca di razza ariana, ha fatto tre università e conosce 5 lingue. Con la sua lingua vorrà gentilmente leccare la piastra del ferro da stiro”
Questi sono i pensieri scatenati dai post del capitano leghista nelle menti dei suoi follower. Queste sono le parole di pietra che inchiodano la bestia di Salvini come responsabile del caos e della disperazione che sprigiona sentimenti xenofobi e misogini nella comunità, già avvelenata da 30 anni di politica fatua ed incapace, a parte delle rarissime casuali eccezioni.
Tutto questo è programmato e voluto dagli sponsor neonazisti della lega di Salvini (leggetevi I Demoni di Salvini di Claudio Gatti), libro che è un attestato certificato dallo stesso Salvini e dalla lega che, se non raccontasse la verità, si sarebbero certamente opposti alla sua pubblicazione, avrebbero richiesto il ritiro del testo e smentito quanto ben espresso dai concetti e dai fatti riportati.
Questo significa una cosa soltanto, che coloro che danno il loro voto alla lega sono e saranno, per le società e le generazioni a venire, complici degli accadimenti provocati dai risentimenti, dalle aggressioni, dall’odio e dalla violenza che Matteo Salvini, in parte per la sua cialtroneria, ed in parte, per la sua sete di potere, responsabilmente, ha generato.
Carola Rackete è soltanto una delle centinaia di vittime del mostro “bestia” e delle migliaia che verranno, se non si fermerà questo becero, incostituzionale e vile attentato alla sicurezza del nostro paese.
Il suo inventore tale Stephen Kevin Bannon ha sperimentato con successo la sua metastasi negli Stati Uniti d’America, che alcuni definiscono come stato simbolo della democrazia nel pianeta, e che invece preferisco ricordare come il paese che ha perpetuato il genocidio efferato di milioni di nativi americani e lo schiavismo di milioni di uomini e donne di pelle nere, per concimare uno stato capitalista e colonialista. Questo non toglie all’America di essere stata la terra natia di uomini che hanno tentato di cambiarla e di democratizzarla, come Franklin Delano Roosevelt che mostrò la sua convinta intenzione di opporsi ai paesi aggressori, o come Barak Hussein Obama che ha combattuto le diseguaglianze e concesso la copertura sanitaria a milioni di persone che prima ne erano sprovviste. Ma questa è tutta un’altra storia!