Advertising un viaggio nella mente…

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Advertising, un viaggio nella mente, che se volete possiamo fare insieme.

La Silicon Valley degli anni ’50 era a New York in Madison Avenue, famosa anche come “viale della pubblicità”.

Alla Madison Avenue si discuteva sulla rivoluzione del mercato e del miglior modo per stimolare la domanda, creando dei bisogni della cui esistenza le persone non erano ancora coscienti.

Sentite cosa scriveva un illustre dirigente della McGraw Hill su Advertising Age, il 24 ottobre del 1955, pubblicato su “ I persuasori occulti” un classico di Vance Packard del 1957: ”Come nazione abbiamo ormai raggiunto un livello di benessere così elevato che un’altissima percentuale dei beni di consumo prodotti in America, forse il 40 per cento, non è più soggetta alla domanda immediata ed urgente del pubblico; e tale saturazione andrà progressivamente aggravandosi negli anni a venire. Ora, se i consumatori rinunciano ad assorbire una parte così cospicua della produzione, ne conseguirà una grave depressione.”

Nel 1955 gli americani erano chiamati a consumare al quadrato e cioè consumare, consumare, consumare, consumare, anche quando di certi prodotti non si rilevava la necessità, e per essere venduti venivano essenzialmente imposti.

Il sistema, in continua espansione, esigeva che i cittadini fossero indotti a consumare per il solo fatto che si doveva rispondere alle esigenze del processo produttivo.

Nel 1950 per persuadere i cittadini a comprare, l’industria americana aveva investito sei miliardi di dollari, nel 1954 si passò a otto miliardi di dollari e nel 1955 i miliardi investiti in pubblicità furono ben nove e cioè 53 dollari ad americano. Un quarto dei profitti veniva ormai abitualmente investito nelle campagne pubblicitarie.

Per vendere le automobili prodotte si innescò il sistema “dell’invecchiamento psicologico” che sta’ nel provocare la vergogna di possedere un auto, una cucina, un vestito per più di due o tre anni.

Per creare bisogni e desideri era quindi necessario diffondere il senso della stanchezza e dell’insoddisfazione, quasi repulsione, per tutto ciò che è vecchio e non più trend.

Era sufficiente uno sguardo impietoso ed una frase ad hoc, per disprezzare l’oggetto dell’anno precedente, per determinare la vergogna da parte del possessore dello stesso.

L’obiettivo era proprio far provare al soggetto la vergogna e di conseguenza sentirsi umiliato dal fatto di indossare lo stesso vestito, sfoggiato l’anno precedente, ad una particolare ricorrenza o evento.

Standardizzazione e differenziazione erano gli estremi che identificavano un secondo importante mezzo di persuasione dell’epoca e cioè la somiglianza sempre più accentuata dei vari prodotti tra loro e la necessità di renderli diversi, perché “quanto maggiore è la somiglianza tra i prodotti, tanto meno sarà la ragione a determinare la scelta della clientela”.

Tutto questo era già sufficiente per indurre i pubblicitari dei primi anni ’50 a cercare nuove tecniche di persuasione.

Fu di quel periodo una frase pronunciata da un concessionario di automobili di Atlanta che disse:” Se la caccia al cliente dovesse farsi ancora più difficile, saremmo costretti a dargli una botta in testa e fargli firmare il contratto mentre è in stato di incoscienza”.

Queste parole dovevano ben presto rivelarsi profetiche, scrive alla fine di questo capitolo, che vi ho riassunto, Vance Packard, mentre il Wall Street Journal altrettanto profeticamente affermava:”La strada che l’uomo d’affari moderno sta battendo alla ricerca di nuovi richiami pubblicitari lo conduce in un misterioso labirinto: il subconscio umano”.

Vedrete ci sarà da divertirsi!

 

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